È una delle regioni italiane covid-free. La pandemia ha appena scalfito la Sardegna, che in questi mesi è riuscita a resistere all’ondata di contagi anche grazie all’insularità e ad un naturale distanziamento tra la popolazione. “Per il momento l’abbiamo scampata, per fortuna nell’isola i contatti frequenti sono normalmente più rarefatti e tranne i due epicentri di contagio, a Cagliari e Sassari, abbiamo avuto una quantità di pazienti Covid davvero irrisoria”. Parola di Giancarlo Tonolo, direttore della Struttura complessa di Diabetologia della Assl di Olbia e coordinatore regionale per la Sardegna della Simdo, la Società italiana metabolismo, diabete, obesità.
“Mentre alcuni colleghi diabetologi si sono dovuti trasformare in medici Covid – afferma Tonolo – noi siamo rimasti fuori dall’emergenza ospedaliera, ma il lockdown di contro ci ha impedito di effettuale le visite programmate, tranne per i casi più gravi. Abbiamo dovuto interrompere la nostra attività ambulatoriale e tutto ciò ha portato a non poter visitare circa cento pazienti al giorno. Lavorando anche noi in smartworking – prosegue il diabetologo – ci siamo organizzati telefonando tutte le mattine ai pazienti che avremmo dovuto visitare per verificare il loro stato di salute ed eventualmente aggiornare i piani terapeutici. Chi fra loro aveva bisogno di una visita urgente, veniva sottoposto al nostro triage in struttura e visitato in tutta sicurezza”.
In una prima fase, quando il virus ha iniziato a diffondersi in tutto il Paese, in Sardegna si è temuto il peggio anche sul fronte delle patologie diabetiche. Inizialmente, infatti, questa tipologia di pazienti era stata considerata fra quelle più a rischio di complicazioni. “All’inizio ci siamo molto preoccupati – ammette Tonolo – anche alla luce del fatto che in Sardegna ci sono tantissime persone affette da questa patologia, tra diagnosi di diabete e prediabete arriviamo a circa 260mila persone su un milione e mezzo di abitanti. Poi uno dei primi casi di contagio nell’isola si è verificato su un paziente diabetico di tipo 2, rientrato da Milano. Temevamo un susseguirsi di casi che per fortuna non si è verificato e abbiamo scoperto, inoltre, che il diabetico di tipo 1 è forse in qualche modo più protetto dal Covid-19”.
Anche in Sardegna, come in altre regioni italiane, i pazienti diabetici hanno comunque avuto paura. In tanti hanno chiesto di tornare alle visite negli ambulatori, non sentendosi sufficientemente rassicurati dalla telemedicina. Non a caso, la Simdo ha lanciato una campagna nazionale per verificare quale è stato l’impatto anche psicologico del Covid sul paziente diabetico. “Allo scoppiare dell’epidemia, si sono sentiti come condannati e segnati dal destino – spiega ancora il diabetologo – ho in cura dei pazienti che sono rimasti davvero blindati a casa fino a pochi giorni fa. Molti sono caduti in depressione, perché non sempre è facile restare chiusi nelle proprie abitazioni. Non tutti hanno avuto la fortuna di avere case grandi, con spazi aperti come giardini o terrazze. C’è chi vive anche in case comuni, con molte persone dentro e senza grandi disponibilità economiche. In questo caso il lockdown è stato davvero un incubo”.